[Come nascono i post di London Calling? In mille modi diversi, come succede per tutti i post di tutti i blog del mondo. Da qualcosa di visto, pensato, letto, sentito.

Sempre piu' spesso pero', dopo che ho scritto una mail a qualcuno, la rileggo e faccio seguito a quella mail con un'altra in cui chiedo di poterne trasformare un passaggio in un post per London Calling.

Oggi faccio qualcosa di piuttosto diverso. Il mio amico a cui voglio troppo bene Enrico mi ha mandato una splendida lettera di accompagnamento a una serie di articoli vintage su Springsteen della quale e' stato tanto gentile da farmi dono.

La mia risposta ve la copio di seguito, non perche' sia particolarmente bella, l'ho scritta di getto in 2 minuti, ma perche' rappresenta bene il modo in cui mi sento oggi.

Avrei voluto scrivere del concerto di Sufjan Stevens di Venerdi', di quello di Antony di Sabato, dei Brightblack Morning Light che ho ascoltato durante il fine settimana. Forse avrei dovuto. Ma ci sono cose che chiedono di uscire con piu' urgenza].


Mi hai fatto molto pensare caro Enrico con la tua lettera di accompagnamento agli articoli vintage su Springsteen (come fai a separarti da certi ricordi?).

E' vero dovrei fare di piu' e dovrei fare altro. E' come se vivessi anestetizzato, in un ambiente non mio, convinto che questo sacrificio di tempo sia necessario. E sto invecchiando, sento tutti i miei 41 anni. Ieri ero a pranzo con degli amici e raccoglievo con cura i chicchi di riso rimasti nel piatto. Mi insegno' la nonna, mi ricordo che mi diceva "La pianta ha fatto fatica anche a fare quei chicchi, devi raccoglierli tutti" e poi mi dava come premio una gelatina di frutta. Le gelatine di frutta sono ancora per me "il premio", ogni tanto me ne concedo qualcuna. Scacciano l'amarezza del vivere, te le consiglio. E mi domandavo: dove sarei adesso se la nonna mi avesse insegnato anche a non sprecare le relazioni, a tenerle dacconto, coltivarle, coccolarle.

Sono un po' amaro oggi. Non ho avuto abbastanza tempo per me nel fine settimana. L'ho sprecato in una girandola di incontri inutili. Ricordo bene quando mi dicesti: stai con le persone che ti vogliono bene. Ma sono poche. Spesso sto con persone alle quali sono grosso modo indifferente.

Oggi vedo soprattutto i lati negativi della vita, ma domani magari sara' diverso. Bisogna imparare a sopravvivere all'inverno caro Henry.

Ti abbraccio,
Fabio

Commenti

Anonimo ha detto…
Fabio,
bello che tu abbia avuto il coraggio di riportare un tuo momento privato di scoramento, suggestivo il ricordo della nonna e dei suoi consigli (come mi manca la mia amata nonna che mi strizzava l'occhio furba e complice quando mi vedeva con una ragazza nuova, mentre mia madre scuoteva il capo perplessa ...)
Mi riconosco nel tuo post, soprattutto quando mi rendo conto dell'inerzialità vuota e rituale di molte mie amicizie.
Mi hai fatto venire alla mente quel testo, che certo conosci, di quella canzone che a un certo punto dice: "Why do I give valuable time to people who don't care if I live or die ?"
Ma non è su queste frequentazioni che ti devi concentrare, anche se fanno parte della vita di tutti.
Nicola
PS. Non lasci mai chicchi di riso nel piatto, perchè sai bene che in fondo si tratta di un modo per onorare la nonna.
lophelia ha detto…
Stare con le persone che ci vogliono bene è raccomandabile e rassicurante, e anch'io ultimamente tendo a farlo molto. D'altro canto se è vero che così non si rischia, si rischia però di chiudersi a nuovi incontri. Bisogna riuscire a dividersi tra "la tana e la foresta", come direbbe Scianna...
e comunque Fabio, hai certamente le frecce al tuo arco per uscire da questa fase di stallo. L'importante è trasformare l'insoddisfazione in azione, dopo aver scelto una direzione.
(ps: io la penso così anche se qualche dubbio mi è venuto dopo che un mio amico pigrissimo che non usciva mai si è fidanzato per la prima volta a 41 anni con un'amica che gli avevo presentato io e che per tutto l'inverno è andata a trovarlo a casa...nel suo caso ha ottenuto il massimo risultato col minimo sforzo. Ma insomma, non c'è la soddisfazione della conquista, della maturazione sofferta - no, eh?)
Fabio ha detto…
Nicola -

Proprio cosi', Heaven knows I'm miserable now, sai che non ci avevo pensato? Grazie a te per avere letto e commentato in modo cosi' sentito. A volte e' proprio quello che uno cerca sai? "Mi riconosco nel tuo post". A volte non serve altro. Ci si sente meno soli e aiuta.

Lophelia -

Bravissima tu e bravissimo Scianna (frase che mi e' uscita cosi' e che signifca: il tuo commento mi ha fatto intuire una cosa importantissima). Proprio come dici, la tana o la foresta. E' tutta qui, in queste semplici parole, la soluzione. Questo fine settimana non e' stato ne' di tana ne' di foresta, ecco perche' sono cosi' scontento (e malmostoso: oggi dover avere a che fare con me credo sia un'esperienza al di la' del bene e del male). C'e' un terreno intermedio dove finisce la tana ed inizia la foresta che dev'essere, appunto di passaggio. E basta. E' quello l'errore, l'errore e' fermarsi in quel paesaggio brutto e abbruttente. Ma come ho fatto a non pensarci prima? Lophelia l'ho sempre pensato: sei geniale!
lophelia ha detto…
...il paesaggio dei non-luoghi, ma chi li ha inventati?! anche artisticamente sono una gran cazzata (ci pensavo stasera rientrando nella mia strada periferica di grande transito, io è una vita che ci vivo in un non-luogo e 'sti critici post-moderni fanno un gran puzzo perché tutt'ad un tratto hanno scoperto i non-luoghi...venissero un po' a viverci, loro!!)
Fabio ha detto…
A meno di riuscire a trasformare i non luoghi in foresta. Per altro, pensavo ieri sera, la dicotomia tana/ foresta si presta anche come chiave di lettura comportamentale: se ti comporti nella foresta come se fossi nella tana sei fatto.