And if you said to me in 1971 that, 30 years later, I'd be ringed in by steel and security cameras would be filming my every move, I would have just thought it was some mad Orwellian nightmare. But Glastonbury may still be considered a prequel of how we have to behave if the climate goes berserk - love the mud, forget your computer and be human again.

L'ha detto lui, intervistato dal Guardian.

In un certo senso, il suo film su Glastonbury e' un impietoso specchio dei tempi che cambiano. La spontaneita' free form degli anni '70 vs. l'organizzazione fatta di corporate sponsors di oggi. Pensate che c'e' pure lo sportello bancomat.

Del resto, come mi faceva notare Marco, basta aprire un numero qualsiasi dell'NME per osservare come tutto e' brought to you by Virgin Mobile o sponsored by Levi's.

Nel film c'e' tutta questa trasformazione, impietosamente offerta. Le colonne di autostoppisti con i cartelli di cartone. I furgoni Volkswagen ridipinti, che facevano quel rumore cadenzato, ricordate? Capelli lunghi e barbe. E poi il presente, cosi' completamente contrapposto. I telefonini multifunzione che fanno anche il caffe'. Il binge drinking superficiale. Le doppie reti di recinzione. Le telecamere a circuito chiuso.

Eppure, a Glastonbury, un'eco di quello che e' stato rimane. Credevo fosse un festival musicale, e invece non e' cosi'. Glastonbury e' un festival da seguire soprattutto con gli occhi.

Mentre sullo schermo scorrevano immagini di personaggi davvero interessanti mi sono fatto molte domande. Non conosco le risposte, ma so per certo che la frase detta da un hippy super freak che vive in un teepee mi ha reso davvero difficile addormentarmi:

Che senso ha lavorare tutta la vita, rispettare orari che non si sono scelti, fare qualcosa che non ci appassiona, solo per pagare un mutuo? Io vivo nella mia tenda, con le mie poche cose, ma sono libero e a contatto con la natura.

Gia', be human again.

Commenti

CICCILLO ha detto…
ma come fai a sapere quanti ani ho?

comunque complimenti allora per i tuoi...ben portati, nello spirito sopratutto, come si evince da questo post.

sì, anche a milano, vien voglia di dire "be human again", ripensando al '71 ma anche all'81, perché no?
CICCILLO ha detto…
naturalmente intendevo dire "anni"
Fabio ha detto…
La tua eta' si trova sul tuo profilo in Blogger.

Non so, l'81 lo associo, a Milano, con uno spirito decisamente rampante, non era gia' la Milano da bere? Tutt'altra cosa quegli anni in Inghilterra, dove leggo che la resistenza anti-Thatcher era forte e si esprimeva con linguaggi che, pur prendendo origine dai primi anni '70, avevano interiorizzato tutta la rabbia del punk. Pensa a Billy Bragg, per fare un nome. Oppure alla resistenza art school dei primi Scritti Politti e degli Wire.

Ma Milano in quegli anni non mi sembra abbia saputo esprimere molto. Quando penso alla creativita' politica, culturale, sociale a Milano penso ai concerti al Parco Lambro, esperienze dei '70. L'esperienza di Radio Pop, non a caso, e' figlia di quel salutare terremoto (e di Radio Alice, ecc., ma qui il discorso ci porterebbe lontano).
Andrea ha detto…
solo per dirti che leggendo questa mattina il tuo blog mi e' venuta in mente un'esperienza sul "grande salto" e l'ho messa anch'io sul mio blog (pubblicita' occulta!)