Heavy words are so lightly thrown but still I'd leap in front of a flying bullet for you

E' stato un fine settimana strano questo, sospeso tra il desiderio di chiarirmi le idee in solitaria contemplazione e quello di partecipare, entrare dentro al mondo. Alla fine ho trovato stranamente un certo equilibrio. La camminata solitaria di Sabato mattina (fatta cantando silenziosamente dentro di me la canzoncina che da' il titolo a questo post, ogni tanto inframmezzata da "I'm going to stop pretending that I didn't break your heart", piu' o meno dove dice "I didn't mean to hurt you I didn't know what I was doing but I know what I've done") ha un po' ha aiutato. Kensington Garden e Hyde Park nel tiepido Sole mattutino hanno rilassato la mia mente, rallentato il mio respiro. Ho guardato gli alberi, il lago, mi sono seduto su una panchina tranquilla a leggere. Sono entrato alla Serpentine Gallery, una pausa sempre piacevole. In questo periodo (ne parleremo tra qualche istante a London Calling) la galleria e' stata trasformata completamente da questi due pazzi, Michael Elmgreen e Ingar Dragset. Il contrasto tra l'esterno di questa graziosa palazzina del te' costruita negli anni '30 tra alberi secolari e quello che i due pazzi hanno fatto al suo interno e' raggelante. Per capirci, loro sono gli stessi che l'anno scorso hanno aperto un finto negozio di Prada in mezzo al nulla, sulla strada che porta da Marfa a El Paso, in Texas. Provate a immaginare Prada che inaugura una showroom in una strada dove transitano solo cowboys e camionisti.

Quello che hanno fatto all'interno della Serpentine Gallery segue la stessa logica. Lo spazio della galleria e' stato trasformato in una serie di corridoi con porte chiuse, sale d'aspetto inquietanti con piante morte e un display che indica costantemente il numero 000, un corridoio di ospedale dove sono stati accatastati due letti e una persona moribionda, addetti alla security dappertutto, la porta di un ufficio amministrativo con la scala per arrivarci completamente distrutta, lo spazio centrale della galleria completamente transennato per via di un bagaglio smarrito (una borsa che non appartiene a nessuno, simbolo delle paure contemporanee) . E il gran finale dopo tutto questo, l'unica alternativa che viene lasciata alle persone che chiedono asilo, che arrivano da noi in cerca di accoglienza, fuggendo da poverta' e dittature: secchio e spazzolone oppure il lugubre palo della pole dance. Geniale.


E poi la tappa successiva, il mio modo di rifugiarmi in una realta' altra quando quella attorno a me diventa insopportabile. Il mio amato National Film Theatre, sul quale posso sempre contare quando ho proprio bisogno che qualcuno mi racconti una storia. Dove in questo periodo stanno passando tutti i film di Jean Renoir, proprio cosi', uno dopo l'altro in una rassegna di due mesi. Avete gia' visto "The river", interamente girato in India, sulle rive del Gange? Io non lo conoscevo e mi ha davvero affascinato. Non tanto la storia (la scoperta dell'amore da parte di tre ragazzine che si innamorano dello stesso uomo), ma il modo in cui viene raccontata. C'e' una grazia straordinaria in questo film, una coinvolgente lentezza che segue il ritmo disteso del fiume. Una formidabile cura nel mostrare la vita nell'India rurale degli anni cinquanta, i rituali di nascita e di morte, sempre legati alla natura.

[Non c'entra niente, ma avete notato che tristi diventano le cose delle quali ci circondiamo per comunicare (telefono, computer) quando perdiamo i contatti con chi ci e' stato vicino? Improvvisamente diventano grigie e morte come piante avvizzite. Diventano brutte da vedere, prima ancora che inutili].

Commenti

PiB ha detto…
sono un sostenitore della partecipazione solitaria al mondo. Mi hai incuriosito con la storia della Serpentine Gallery.I mezzi di comunicazione diventano tristi quando ti danno la sensazione di "lontananza"
Fabio ha detto…
Come sempre dici cose interessanti Pib. I mezzi di comunicazione possono essere anche strumenti che ti fanno sentire tutto l'isolamento e la solitudine possibile. Capita, io pero' non sono tanto un sostenitore della "partecipazione solitaria", a me piace entrare dentro il mondo. In questi giorni ho capito una cosa, piu' di ogni altra: che ha senso volere essere felici, sforzarsi di conquistare questo stato e cercare di mantenerlo. Crogiolarsi nella solitudine non ha alcun senso. Sarebbe sempre bello comprendere perche' uno capisce le cose sempre con qualche giorno di ritardo. Forse c'e' un disegno in tutto questo, non lo so.
PiB ha detto…
partecip-AZIONE del solitar-IO al mondo....non te stai in disparte...sei attivo...sei un IO in inter-AZIONE.
Alex ha detto…
Per la seconda volta eravamo nello stesso posto nello stesso momento.
Hyde Park: visto pure io. Raccapricciante se non fosse genialmente scemo.
Anonimo ha detto…
..ĆØ proprio vero quello che scrivi a proposito del telefono o del pc come mezzi che ci legano agli altri e che poi, d'improvviso, quando queste persone se ne vanno diventano oggetti tristi e solitari; lo sto vivendo in questi giorni; sento fortissima la lontananza di chi non c'ĆØ piĆ¹ e mi ritrovo, non a mio agio, in una fase di tremenda "partecipazione solitaria"al mondoda cui vorrei solo scappare.
Claudia
Fabio ha detto…
Pib -

Forse e' solo il periodo che sto attraversando, ma davvero faccio fatica a trovare una connotazione positiva nella parola solitario. E' una parola che mi fa molta paura. In questo periodo l'associo a autoindulgenza, autocommiserazione, ego, ecc. Non sono sicuro di volere essere *solitario dentro il mondo*. Voglio essere *dentro il mondo e basta* e felice di partecipare, di dare il mio contributo, di condividere. Desidero questo piu' di ogni altra cosa (come diceva quel brano bluegrass che forse ad Atlanta ti sara' capitato di ascoltare? "You don't miss your water 'til your well runs dry").

Alex -

Perche' scemo? io ho trovato tutto il progetto geniale e basta. Mi ha fatto molto pensare.
Fabio ha detto…
Claudia -

Vuoi scappare dalla solitudine o dal mondo o da tutte e due le cose? Io non lo so piu' dopo aver letto la tua mail. Poi beh, quando si perde una persona alla quale vogliamo davvero bene possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo, girarci intorno per ore, ma quello che vogliamo davvero e' solo stare con questa persona, ritrovare la gioia che ci ha dato e che abbiamo perduto.
Anonimo ha detto…
..vorrei scappare solo dalla solitudine!Ho l'assoluta consapevolezza che,in quella conizione, non ero felice ma non lo sono neanche adesso!!!... mi guardo intorno: chi credevo amico non lo ĆØ piĆ¹, vivo le sterili prese di posizione delle persone e mi rammarico ancora di piĆ¹.Ma ĆØ la vita....
claudia
PiB ha detto…
fabio: concordo con te ...quando perdi una persona vuoi che quella perdita non sia mai avvenuta....hai ragione anche se ci buttiamo fumo negli occhi quello vogliamo vedere
Fabio ha detto…
Claudia -

Mi spiace sentirti cosi'. La vita puo' essere in effetti molto crudele. Parlando esclusivamente per me, pero', la solitudine e' qualcosa che provo quando ci sono altri stati di squilibrio "a monte". Non sono sicuro che abbia senso prendere "analgesici contro il dolore locale", ma forse affrontare la situazione cercando le radici prime del fenomeno solitudine. Puo' essere un lavoro doloroso, ma forse e' necessario. Pero' non sei sola dai, ci siamo noi!

Pib -

Si' infatti, pensieri monotematici che tendono tutti allo stesso centro.
Unknown ha detto…
Ci sono persone che vivono bene la solitudine e non altre, e' una questione di predisposizione.